– Ugo Mulas, Alexander Calder, Sache, 1963 –
Cosa è teatro? E’ germinare della polifonia: scrittori, attori, registi, scenografi, sarti, ballerini, elettricisti e poi il pubblico, una platea per antonomasia. Come non rimanere ammaliati dalla possibilità di sperimentare ogni posizione menzionata? Non son molti gli uomini che hanno la sensibilità per questa letteratura leggibile sempre in modo parziale, rapida più che quando viene messa in scena, ancora meno i coraggiosi che provano a donarla e giocarla. Proprio la dimensione del gioco è l’elemento più forte, sapersi divertire leggeri con ciò che si trova accanto: ora raccolgo bottiglie e statue dalle mensole e guarda come diventano soggetti, ora legno e ferro e compongo burattini. In questa origine riconosco la virtù di distruggere scultura come contemplazione: si muove ed è leggera come lo era il cuore che ha conservato questi due pupazzi e ancora è convinto essere tra i lavori più significativi. In effetti è difficile far comprendere quanta narrazione vi è in un singolo pezzo d’arte, quanto si è dialogato con se stessi per impostarlo e per concluderlo ma soprattutto per accettare che sia concluso: un burattinaio non ha questi problemi, ogni lavoro è un personaggio che rimane e lo fa con devozione, trascinato da mano invisibile e pronto a farsi protagonista agli occhi degli spettatori. Poi quel bisogno lirico di vedersi saltimbanco e distruggere la paura di Mangiafuoco lo sento così vicino che mi sembra di potermi vedere, con gli occhi lucidi sordo di applausi di giovani stelle.
Stefano G.